CONOSCIAMO LA TRISTEZZA

Nel progetto "La mente, il corpo e lo spirito" parliamo della tristezza. Di tutte le emozioni è quella che non si vorrebbe incontrare in assoluto. Quella da cui stare alla larga, alla quale dire, con gentilezza, ma con fermezza: “Stai lontana dalla mia rotta, non invadere il mio territorio”. Quando siamo piccoli, i genitori provano in tutti i modi a tenerla fuori dalla nostra vita. Vorrebbero che le creature che hanno messo al mondo fossero sempre felici come nelle pubblicità, dove tutti sorridono. Ma questa è pura fantasia. Però la tristezza ha una funzione fondamentale nella vita cioè farci fare di tutto per tenere vicine le persone che ci proteggono e ci fanno sentire amati e al sicuro. Di per sé, questa emozione non è altro che il lato B dell’emozione più meravigliosa che possa esistere: la gioia. Se la gioia ci arriva ogni volta che stiamo con chi ci fa sentire amati, belli e desiderati, oppure in situazioni che ci fanno sentire forti e competenti, la tristezza funziona in modo opposto e ogni volta che ci sentiamo soli, o che qualcosa va storto, ecco che proviamo quella sensazione di vuoto e di fastidio alla pancia. Un vuoto nella pancia: forse non esiste immagine migliore di questa. Una sorta di cratere che si forma quando meno lo vorresti e che chiede di essere riempito. Un senso di incompletezza che non si può tamponare da soli, ma che necessita di qualcuno al nostro fianco per poter essere colmato e medicato. Per molti però non è facile farsi vedere tristi. A molte persone sarà capitato di dover tenere nascosta questa emozione per paura di essere visto come quello “pesante” o sempre col muso. Per mostrare la tristezza occorre potersi fidare delle persone che abbiamo vicino. Se crediamo che i nostri amici o i nostri parenti siano persone capaci di sostenerci e di accogliere la nostra emozione anche quando non si è “in forma”, allora probabilmente ci sentiremo tranquilli nel condividere con loro i momenti di fatica. Non sarà difficile chiedere a qualcuno di darci un consiglio o anche solo di ascoltare le lamentele per sentirci meno soli. Si sperimenta tristezza anche quando si vive o si pensa a qualcosa che non piace, che non si desidera, che ci ferisce. Esprimere la tristezza, come ad esempio attraverso il pianto, fin da neonati, è un modo per richiamare l’attenzione dell’altro, chiederne la presenza e l’aiuto. Quindi si nasce capaci di sperimentare la tristezza e comunicarla agli altri per ricevere una risposta che ci permetta di ridurne il peso.

Si può immaginare che la tristezza sia come un allarme, che segnala la presenza di un problema. Deve essere sgradevole, altrimenti non ce ne accorgeremmo o non avremmo la spinta a capirne l’origine e spegnerlo. Ci si rende conto di essere triste, si sente il bisogno di piangere, e ci sembra che il mondo perda i suoi colori, nella mente affiorano dei pensieri sgradevoli, che fanno sentire ancora peggio. Che cosa può aiutare a stare meglio? Ci siamo già trovati in situazioni simili? Come sono state affrontate? Qualcuno è stato vicino? Come è riuscito ad abbassare il volume della tristezza, o a trasformarla in un’emozione piacevole? Più ci si impegna nell’ascoltare quello che sentiamo dentro, nel dargli un nome, più siamo in grado di capire che cosa sia e da dove venga, fino ad arrivare a dare una forma a ciò di cui c'è bisogno per sentirci meglio. Nutrire la tua mente con la creatività e cioè lettura, scrittura, disegno, arte, sport etc e piùla mente troverà l'uscita dalla tristezza. Chiedersi anche "Quali sono le mie passioni? I miei punti di forza? Le mie risorse?" La mente si nutre di ciò che le diamo, darle le giuste attenzioni e ci ricompenserà come meritiamo

dott.ssa Natascia Romeni 

Psicologa