IL SAPERE HA UNA FUNZIONE EDUCATIVA?

Acquisire dei saperi può avere una funzione educativa, può aiutarci a diventare più umani e a costruire meglio la nostra identità poiché, per esempio, ci permette di fare scelte più informate, ci fornisce una chiave di lettura rispetto alla complessità del mondo, quindi l’istruzione può essere educativa. Comunque, i diversi metodi di istruzione e apprendimento possono avere un impatto educativo variabile. La persona non dev’essere considerata alla stregua di un vaso da riempire, al contrario al soggetto devono essere forniti degli argomenti che egli rielabora e su cui riflette. Dunque, la scuola deve permettere questo processo di reflective thinking e in questo contesto, qualora un ragazzo commetta un errore, questo non deve assumere una connotazione negativa, ma dev’essere considerato come un’occasione di apprendimento. 

La formazione è un processo volto a permettere a ogni persona umana di trovare la propria forma.  Nell’Atene classica la forma era quella che la comunità sociale riteneva positiva e a cui tutta società doveva adeguarsi, la forma finale ideale era quella del filosofo e questa concezione di conformazione ad una forma prestabilita emerse anche nei regimi autoritari. Oggi invece la parola “formazione” si usa per indicare i processi educativi che riguardano gli adulti e che portano all’acquisizione o all’aggiornamento delle proprie competenze.

Nell'educazione c'è anche la socializzazione, poiché nel processo di educazione è necessaria la relazione. Indica l’integrazione della persona con le norme sociali, infatti il soggetto si adatta a vivere in un ambiente con delle norme prestabilite e si impegna a rispettarle. Si parla dunque di un processo di integrazione e di adattamento alle norme sociali.

Educazione, formazione e istruzione fanno parte del processo di socializzazione, ma non si identificano con esso. Istruzione e formazione possono essere educative, aiutando la persona a sviluppare la propria umanità ed identità e lo fanno tramite il processo di socializzazione. 

 

Negli anni ’70 in Belgio il ricercatore Jean Pourtois studia un gruppo di famiglie di diversa estrazione sociale con bambini di 5-6 anni per vedere se bambini provenienti da famiglie con background differenti sarebbero arrivati a scuola con le stesse capacità e opportunità o meno, il risultato è che essi arrivano con differenze forti in termini di capacità, avendo sviluppato differenti skills tramite l’esperienza. Quindi egli studia i soggetti all’ingresso della scuola dell’obbligo, in seguito analizza il modo in cui affrontano la maturità, successivamente osserva come essi si inseriscono nel mondo del lavoro a 25 anni, e infine studia il loro comportamento a 35 anni nel ruolo di genitori. Pourtois fece una previsione cercando di prestabilire quali e quanti di quei bambini sarebbero arrivati alla maturità, chi non ci sarebbe arrivato e chi ci sarebbe arrivato con difficoltà. Ne emerse un dato drammatico, ovvero che per 3 bambini su 4 le previsioni si erano avverate. Dunque, prendendo in considerazione dati come lo status socio-economico della famiglia, il quartiere di provenienza, il livello culturale e lo stile educativo di genitori allora sembra possibile predire per 3 bambini su 4 quale sarà loro traiettoria scolastica. Questi dati indicano che la scuola non è riuscita ad abbattere le preesistenti disuguaglianze e che quello che succede nei primi anni di vita del bambino in famiglia determina lo sviluppo successivo molto di più di ciò che succede in 13 anni di istruzione scolastica successiva. Fino alla Rivoluzione francese se una persona nasceva in una famiglia appartenente a una determinata classe sociale sapeva che la sua condizione sociale non sarebbe cambiata e che avrebbe praticato lo stesso lavoro di genitori, dunque a quei tempi l’educazione consisteva in questa trasmissione da una generazione all’altra, permettendo così la riproduzione della società in modo sempre identico. Dopo la Rivoluzione francese, con la fine dei regimi monarchici e con la nascita delle società democratiche si decise che la persona non sarebbe più stata oggetto del destino, ma l’essere umano sarebbe stato un soggetto che poteva essere attivo rispetto al proprio futuro e la società avrebbe dovuto garantire a tutti eque possibilità, permettendo così alla persona di non essere vittima del proprio destino bensì autore di esso. Nonostante ciò, la ricerca di Pourtois ci dimostra come, sebbene viviamo in società democratiche, tuttavia certi meccanismi sono difficili da sradicare.

 

 

 

DOTT.SSA NATASCIA ROMENI

EDUCATRICE

SPECIALIZZATA NEL METODO MONTESSORI